23 febbraio 2011

LO SAPEVATE CHE ...........a cura di giulio 78 , slevin, fabio, lilyth cristy

DANNI DAL COMUNE ANCHE SE LA STRADA è PROPRIETA’ PRIVATA

 

Risarciti gli effetti dell’allagamento
Il comune può essere condannato a risarcire i danni provocati dalla cattiva manutenzione di una strada anche se di proprietà privata. Infatti, in caso di uso pubblico di fatto della via, l'ente locale ha l'obbligo di sorvegliare che siano effettuati tutti i lavori necessari per evitare pericoli per la cittadinanza e, in caso di omissione, risponde direttamente del danno provocato.

Lo ha chiarito la terza sezione civile della Cassazione con la sentenza 7/2010 che ha respinto il ricorso di un comune in provincia di Roma condannato insieme alla provincia a risarcire i danni subiti da due coniugi.
A seguito di una forte pioggia, l'acqua riversatasi sul lotto (un terreno con un fabbricato) di loro proprietà dalla strada provinciale adiacente aveva provocato il cedimento del muro di contenimento posto lungo il confine.

Per questo motivo avevano chiesto la condanna dell'amministrazione provinciale al risarcimento del danno subito, l'ente locale, costituitosi in giudizio, ha sostenuto che le cause del sinistro erano dovute all'intensità del fenomeno e alla carente manutenzione della strada comunale che dal campo sportivo si immetteva sulla provinciale e ha, quindi, chiamato in causa anche il comune. Il tribunale, nel condannare entrambi gli enti al risarcimento del danno, ho stabilito che i danni si dovevano imputare a una pluralità di cause concorrenti, tutte riconducibili alla mancata esecuzione di lavori di manutenzione di un tratto di fognatura sulle due strade.

In secondo grado il comune ha negato di essere tenuto al risarcimento facendo valere il fatto che la strada, all'epoca del sinistro, era di proprietà di due privati. La corte d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha solo modificato l'entità dell'indennizzo riconoscendo comunque la colpa sia della provincia, sia del comune. Contro questa decisione è stato quindi presentato ricorso in Cassazione.

Di fronte ai giudici di legittimità il comune ha contestato la consulenza tecnica d'ufficio e la decisione nella parte in cui hanno riconosciuto un «uso pubblico di fatto» della strada privata addossando in tal modo all'ente locale l'obbligo di risarcire il danno. Secondo il ricorrente, infatti, essere tenuti a eseguire la manutenzione di un tratto di fognatura che corre sotto una strada privata non è sufficiente per assegnare alla via lo status di strada a uso pubblico.

Il comune, pertanto, doveva essere considerato totalmente estraneo ai fatti in quanto non proprietario del bene che aveva contribuito a determinare il sinistro. Non solo. Secondo l'ente locale il concetto di «uso pubblico di fatto» non sarebbe affatto condivisibile dal momento che questa locuzione potrebbe al massimo significare che esiste una servitù di passaggio sull'area che non sposterebbe tuttavia nulla ai fini del soggetto obbligato al risarcimento.

In sostanza, senza un atto di trasferimento ufficiale all'ente pubblico territoriale, il comune doveva essere considerato totalmente estraneo alla vicenda. La Cassazione, nel decidere la controversia, respingendo il ricorso dell'ente locale, ha stabilito al contrario che il comune deve rispondere dei danni causati al privato non perché proprietario della strada, ma «in quanto detta strada era destinata a pubblico transito».

La via in questione, infatti, era l'unica strada di accesso allo stadio comunale con la conseguenza, ha precisato la Corte, che se un comune consente «alla collettività l'utilizzazione, per pubblico transito, di un'area privata., assume l'obbligo di accertarsi che la manutenzione dell'area e dei relativi manufatti non sia trascurata», Pertanto, conclude la Cassazione, I’inosservanza di questo dovere primario di sorveglianza da parte della pubblica amministrazione «integra gli estremi della colpa e determina la responsabilità per il danno cagionato all'utente dell'area» senza che abbia alcun rilievo il fatto che la strada sia privata e che sul proprietario incomba l'obbligo della manutenzione.

LO SAPEVATE CHE ...........a cura di giulio 78 , slevin, fabio, lilyth cristy


INDECENTE VERGOGNOSO E SCANDALOSO  MARRAZZO



Sapete chi è. Nome: Piero. Cognome: Marrazzo. Professione: giornalista. Segni particolari: una discreta propensione per i trans, che lo ha reso famoso anche oltre confine. Faceva il presidente della Regione Lazio, fu coinvolto in uno scandalo, fu fotografato in mutande. Su un tavolo li accanto c'era un bel po' di cocaina.

Ora è ritornato a fare il giornalista alla Rai. Ed è pure un pensionato, se non d'oro, almeno d'argento. La notizia: Pierino la Pacchia, 52 anni appena compiuti (29 luglio, segno zodiacale del leone), grazie alla disastrosa esperienza presidenziale avrà un vitalizio di quasi duemila euro al mese.
 Cioè, una pensione, che è pure reversibile, che gli spetta di diritto, che lo accompagnerà di qui ai prossimi centri anni (lunga vita, ex presidente) e che lui si è affrettato a chiedere. Si presume che fra poco, dopo aver chiesto, comincerà pure a riscuotere. Complimenti, Pierino, lei è nato con la camicia e con il sedere giusti. Tappe bruciate Antefatto.
Gli italiani vanno in pensione a 65 anni. Se sono fortunati e godono di particolari requisiti, riescono ad andarci poco dopo i 60.I politici non sono italiani. I consiglieri regionali del Lazio, ex consiglieri, lo sono ancora di meno. Razza indoeuropea col diritto di strafregarsene delle crisi economiche, delle difficoltà (altrui) e pure dell'anagrafe e delle promesse fatte in campagna elettorale, saremo sobri e non spenderemo un euro più del dovuto, guarderemo le cifre una ad una e via sproloquiando. La sobrietà e l'attenzione per i conti: loro, in pensione, ci vanno a 55 anni. Volendo, e pena una decurtazione del 5 per cento per ogni anno di anticipo, anche prima: 50 anni. Piero Marrazzo, l'uomo del rigore in Regione (un po' meno extra Regione), ha scelto la pensione anticipata. Non ha voluto aspettare e non si è fatto pregare. Cinque mesi dopo il voto, e solo qualche mese in pi dopo lo scandalo, ha chiamato il legale di fiducia e lo ha invitato a procedere: avvocato, chieda il dovuto, mica sarà l'unico fesso che non batte cassa. Non è stato l'unico fesso: assieme a Marrazzo, una trentina di ex consiglieri ha avanzato richiesta analoga. Anche loro stanno per riscuotere. La legge è legge. Ed è uguale per tutti i privilegiati. Per gli altri, sappiamo come vanno le cose.

La legge in questione, fortemente difesa dalla Regione, fino a qualche tempo fa era ancora pi indecente: gli ex consiglieri potevano chiedere l'anticipo del vitalizio anche se poco più che maggiorenni. Il diritto scattava compiuti i 40 anni. Nel 2002 ci fu una lieve modifica con l'innalzamento dell'età minima a 50 anni. Da allora pi nulla. Solo tentativi di riforma puntualmente andati a vuoto. Risultato: se un consigliere ha dietro le spalle una singola legislatura (5 anni di duro lavoro e di durissima campagna elettorale) e ha compiuto l'età giusta, riceve fra i 1600 e i 1800 euro al mese. Netti. La lieve differenza dipende dal particolare tipo di in- carico. Se è un consigliere anziano, gli euro possono diventare 4000, sempre netti (5 per cento di aumento per ogni legislatura). Se la pensione è chiesta in anticipo, c'è la decurtazione. Poi, al compimento della veneranda età di 55 anni, la decurtazione cessa e l'assegno diventa pieno. Passatempi costosi Non prendete la calcolatrice: il giochetto della pensione-baby costa alla Regione Lazio, dunque ai contribuenti laziali, un milione di euro al mese, secondo i calcoli fatti dal quotidiano il Messaggero.

Ovviamente, con i nuovi pensionati in arrivo gli euro aumenteranno. E poi aumenteranno ancora. Miracoli della politica e della moltiplicazione dei privilegi. Soprattutto, miracoli di certe leggi regionali che da sole giustificherebbero qualsiasi federalismo, anche il peggiore. Fine della storia di Pierino la Pacchia. Con una postilla. Pierino faceva il giornalista. Conduceva, alla Rai, un programma di successo. Era dalla parte dei consumatori, dei cittadini tartassati e truffati. Denunciava scandali, tentava di aiutare i poveri cristi. Era molto serio e combattivo. Tutto, diceva, doveva essere fatto secondo legge. Poi decise di fare politica. Non si dimise, non lasciò il posto. Chiese l'aspettativa, come legge consente. L'ottenne, divenne presidente della Regione Lazio, combinò ci che combinò , si dimise e tornò in Rai, come legge consente Poi ha chiesto pure il vitalizio, sempre come legge consente. Per lui, e per gli altri come lui, c'è sempre una poltrona con un assegno, e una legge che permette di sedersi in poltrona con l'assegno in tasca.

Cari lettori e soprattutto carissimi pensionati al minimo, ultrasessantenni ancora in attesa di un assegno Inps, e anche voi, gentili lettrici, la cui età pensionabile è stata recentemente innalzata: fatevene una ragione. A loro li manda la Rai e li manda pure la politica. Ogni tanto vanno pure a trans, anche se nessuno ce li manda. Noi non siamo consiglieri, non siamo governatori, non siamo stati coinvolti in scandali. Razza indoeuropea senza alcun segno particolare. E dobbiamo aspettare i 65 anni. Storie italiane, che sembrano destinate ad accompagnarci per sempre. Come un vitalizio. Nome: Piero. Cognome: Marrazzo. Professione: privilegiato.