10 marzo 2011

NOTIZIE GIURIDICHE

CASSAZIONE: SULLE STRISCE,
PEDONE HA SEMPRE RAGIONE


Il pedone ha sempre ragione, se si trova sulle strisce pedonali. Niente scuse per gli automobilisti che non rallentano davanti alle strisce, anche se il pedone attraversa all'improvviso e senza guardare, «l'obbligo di cautela in vista delle strisce» spetta sempre a loro. A meno che la «condotta del pedone sia del tutto straordinaria e imprevedibile». Lo sottolinea la Corte di Cassazione nell'affrontare un ricorso di una signora di Pesaro vittima di un incidente stradale.
Scrivono infatti i Supremi giudici della Terza Sezione Civile, sentenza n.5540, che nello stabilire i profili di colpa di automobilisti e pedoni, nelle cause di risarcimento danni: «il pedone che si accinge ad attraversare la strada sulle strisce pedonali non Š tenuto a verificare se i conducenti in transito mostrino o meno l'intenzione di rallentare e lasciarlo attraversare, potendo egli fare ragionevole affidamento sugli obblighi di cautela gravanti sui conducenti». La sola circostanza che «il pedone abbia attraversato la strada, sulle strisce pedonali frettolosamente e senza guardare» non costituisce da sola presupposto per dare al pedone investito una parte della colpa nell'incidente, fatta eccezione nel caso in cui sia il pedone stesso con una «condotta del tutto straordinaria e imprevedibile» a provocare l'incidente Fatto salvo questo presupposto, per•, nel caso analizzato dalla Corte, alla signora investita, sia il Tribunale di Pesaro che la Corte d'appello di Ancona avevano riconosciuto un 20% di concorso di colpa nell'incidente (l'80% al conducente dell'auto) perchŠ non aveva attraversato sulle strisce ma «procedeva a piedi lungo il margine destro della strada nella stessa direzione dell'auto investitrice». Esclusa questa parte di colpa i Supremi giudici hanno accolto, invece, gli altri suoi motivi di ricorso riguardo al calcolo di risarcimento danni ai quali comunque la signora (che ha riportato traumi gravi) ha diritto come vittima della strada. Danni, calcolati per circa 65mila euro, che, secondo la difesa della vittima, dovevano essere di misura maggiore e che ora verranno riquantificati dalla Corte d'Appello di Ancona.