13 aprile 2011

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Cassazione: no al licenziamento per superamento del periodo di comporto se la malattia è causata dall'ambiente di lavoro



In ipotesi di superamento del periodo di comporto, le assenze del lavoratore per malattia non giustificano il licenziameto qualora l'infermità sia imputabile a responsabilità del datore di lavoro in dipendenza della nocività delle mansioni o dell'ambiente di lavoro. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7946 del 7 aprile 2011, specificando che "incombe al lavoratore l'onere di provare il collegamento causale fra la malattia che ha determinato l'assenza e il superamento del periodo di comporto, e le mansioni espletate". Nel caso di specie la Suprema Corte, ricordando che il superamento del periodo di comporto è condizione sufficiente di legittimità per procedere al licenziamento, non essendo necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo né della sopravvenuta impossibilità della prestazione, ha sottolineato che la Corte territoriale aveva ritenuto non imputabile a responsabilità del datore di lavoro la malattia della lavoratrice (che aveva determinato il superamento del periodo di comporto) in base al rilievo secondo cui non era stato provato dalla dipendente che il periodo di assenza fosse ricollegabile alla malattia precedentemente contratta per asserite ragioni lavorative.

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TAR LAZIO e MEDIACONCILIAZIONE: sospetta illegittimità costituzionale!



Notizia - BOMBA: la Corte Costituzionale E STATA LEGGITTIMATA A DICHIARARE LA INCOSTITUZIONALITA' DI TALE DELLA CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA !!!!!!!!!


La media conciliazione sotto la lente della Consulta. Il Tar lazio, sollecitato dall'Oua e da alcuni consigli degli ordini degli avvocati, sul decreto legislativo attuativo della conciliazione obbligatoria ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale su alcuni punti del provvedimento. È l'intero impianto della media conciliazione sulle controversie civili e commerciali ad essere messo in discussione dal rinvio alla Corte costituzionale.
 è stata chiamata a decidere sulla legittimità del regolamento sulla media-conciliazione. Lo ha statuito la 1^ Sezione del Tar del Lazio che ha sollevato questione di legittimità su alcune parti del regolamento emanato dal Ministero della Giustizia per introdurre lamediazione e la conciliazioneobbligatoria; in particolare e con riserva di maggiori approfondimenti nei prossimi giorni, il Tar Lazio ha deciso di provocare l'intervento della Consulta su alcuni punti specifici del regolamento sulla 'media-conciliazione' ed ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità, tra l'altro della parte che onera la parte dell'obbligo di rivolgersi in prima istanza agli organismi abilitati per la mediazione e soltanto poi, in caso di esito negativo, alla Magistratura. E della stessa parte che prevede la mediazione come condizione di procedibilità del ricorso stesso. Inoltre, i giudici della Prima Sezione del Tribunale amministrativo hanno chiesto alla Consulta di valutare la legittimità costituzionale della parte del regolamento che dispone che abilitati a costituire organismi deputati alla 'media-conciliazione' "sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza". Ne vedremo, quindi, delle belle!

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Cassazione: in caso di incidenti,  il Comune risponde delle lesioni causate da buche o bolle in strada
Con la sentenza n. 1377/2011 la Corte di Cassazione ha stabilito che i Comuni sono obbligati a rimuovere le  buche e altri ostacoli che non conformi al codice della strada ,e tutte quelle insidie che potrebbero causare incidenti e cadute. In caso contrario, risponderanno delle lesioni colpose in sede penale. Nel caso di specie, la Cassazione ha condannato il dirigente dell'Ufficio tecnico del Comune di Acqui Terme in provincia di Alessandria per le lesioni riportate da una signora inciampata in una bolla dell'asfalto. Il dirigente in sostanza è stato ritenuto responsabile per aver omesso la manutenzione ordinaria del piano di calpestio del passaggio pedonale. Per questo motivo si era verificata una bolla, non visibile e non segnalata, su cui era inciampata una signora. Nonostante la difesa del Comune, finalizzata a dimostrare che, essendo la bolla visibile, il pedone l'avrebbe potuta evitare, la Cassazione ha quindi condannato il dirigente per lesioni colpose.